Gli impianti fotovoltaici sono principalmente suddivisi in 2 grandi famiglie:

impianti “ad isola” (detti anche “stand-alone”): non sono connessi ad alcuna rete di distribuzione, per cui sfruttano direttamente sul posto l’energia elettrica prodotta e accumulata in un accumulatore di energia (batterie);
impianti “connessi in rete” (detti anche grid-connected): sono impianti connessi ad una rete elettrica di distribuzione esistente e gestita da terzi e spesso anche all’impianto elettrico privato da servire;
Un caso particolare di impianto ad isola, detto “ibrido”, resta connesso alla rete elettrica di distribuzione, ma utilizza principalmente le sue fonti, una sola, o può avere una combinazione, ad esempio, fotovoltaico, eolico, gruppo elettrogeno, anche con l’aiuto di un accumulatore. Qualora nessuna delle fonti sia disponibile o l’accumulatore sia scarico, un circuito collega l’impianto alla rete elettrica per la continuità della fornitura.

Un impianto BIPV a facciata
Dal punto di vista strutturale, va menzionata la posa “architettonicamente integrata” (noto anche con l’acronimo BIPV, Building Integrated PhotoVoltaics, ovvero “sistemi fotovoltaici architettonicamente integrati”). L’integrazione architettonica si ottiene ponendo i moduli fotovoltaici dell’impianto all’interno del profilo stesso dell’edificio che lo accoglie. Le tecniche sono principalmente:

sostituzione locale del manto di copertura (es. tegole o coppi) con un rivestimento idoneo a cui si sovrappone il campo fotovoltaico, in modo che questo risulti affogato nel manto di copertura;
impiego di tecnologie idonee all’integrazione, come i film sottili;
impiego di moduli fotovoltaici strutturali, che svolgono anche la funzione di infisso, con o senza vetrocamera.
I costi per realizzare un impianto fotovoltaico integrato sono più alti rispetto a quello tradizionale, ma il risultato estetico è privilegiato dalla normativa del Conto energia, con il riconoscimento di una tariffa incentivante sensibilmente più elevata.


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